mercoledì 20 giugno 2012

ANDREA LEPORINI CREMATO SENZA CONSENSO - FATE GIRARE

ANDREA LEPORINI

Siamo i genitori di Andrea Leporini, ragazzo deceduto nei caraibi il 17/08/2011, cremato senza autorizzazione e senza aver avuto la possibilità di vederlo un'ultima volta.






Ad oggi (10/06/2012) nessuno ci ha ancora dato una risposta sul decesso, nessun esito degli esami dell'autopsia e soprattutto nessuno ci ha detto perché è stato possibile cremare un ragazzo senza avvisare la famiglia.


Uno degli ultimi nostri tentativi è stata una e-mail ad "Amnesty International", da loro ci è stato solamente detto che l'e-mail è stata inoltrata a Londra...poi più nessuna risposta.


Non sappiamo più cosa fare, le autorità non ci aiutano, lo Stato nemmeno, l'unica ultima nostra speranza è quella di far conoscere a più persone possibili l'accaduto con l'auspicio di trovare da qualcuno un aiuto su cosa poter fare....o magari conoscere qualcuno che ha incontrato nostro figlio poco prima che perdesse la vita potendoci dare preziose informazioni.


Di seguito vi mostriamo la lettere che abbiamo spedito ad "Amnesty" che riassume brevemente la vicenda (nonostante ci siano molti altri retroscena veramente inquietanti ma che preferiamo evitare di raccontare) vi preghiamo con tutto il cuore di aiutarci anche solo per condividere questa notizia in ogni angolo del web.

E-MAIL INVIATA AD AMNESTY INTERNATIONAL


A: info@amnesty .it
01/12/2011 ore 18.37

Ci rivolgiamo a lei per avere un aiuto e un pò di chiarezza per ciò che è successo a nostro figlio Andrea Leporini, morto sull'Isola di St. Marteen (Caraibi) il 17 agosto 2011, cremato senza la nostra autorizzazione.

Andrea lavorava sull'isola da 6 mesi circa.

Il nostro "incubo" è iniziato il 18 agosto, quando Stefania (cittadina italiana con attività commerciale sull'isola e conoscente di Andrea) ci comunica al telefono del decesso di Andrea, straziati dal dolore e increduli non sapevamo cosa fare.
Successivamente Stefania ci comunica che il corpo di Andrea doveva restare a disposizione della polizia per l'autopsia fino a lunedì 22 agosto.

A questo punto abbiamo avvisato la Farnesina, poi l'Ambasciatore Italiano, con ufficio a Miami, di competenza anche per l'isola di St. Marteen, di quanto era accaduto e per chiedere un aiuto per recarci sull'isola e riportare la salma di Andrea in Italia.
Inizialmente ci hanno assicurato che ci avrebbero organizzato il viaggio, compresa l'assistenza burocratica appena fosse stata eseguita l'autopsia.
Il 22 agosto, invece, ci hanno comunicato che non avrebbero dato nessun appoggio, così il 24 siamo partiti soli.

Giunti sull'isola siamo stati accolti da Stefania, la quale ci ha aiutato molto facendoci da interprete e accompagnandoci nei vari uffici.
Subito abbiamo contattato la sede delle pompe funebri "Royal Funeral Home & Crematorium, Suckergarden #33 St. Marteen, Netherland Antilles", dove, tramite l'ambasciatore italiano avevamo saputo che si trovava la salma di nostro figlio, per avvisarli del nostro arrivo e dell'intenzione di vederlo per l'ultima volta.
Ci è stato detto che saremmo dovuti passare il giorno dopo poiché era ormai tutto chiuso (erano le ore 15.00 ora locale!).

Il giorno dopo, verso le ore 8.00, ci siamo recati verso le pompe funebri e quando abbiamo chiesto di vedere la salma ci è stato detto che il corpo era ormai stato cremato senza comunicarci né quando né perchè né chi avesse dato l'autorizzazione a farlo.
Abbiamo subito contattato il consolato di Miami per riferire l'accaduto, ci hanno risposto che non ne sapevano nulla e che non avrebbero potuto farlo, nonostante ciò non sono intervenuti in nostro aiuto...

Ci siamo recati presso l'ufficio di polizia, per ritirare gli effetti personali e per sapere un pò più in dettaglio cosa era successo, ci è stato riferito quanto segue:

"Il 17 Agosto, a seguito di una telefonata anonima, il corpo di Andrea Leporini era stato trovato privo di vita in zona Simpson Bay, lungo una strada non asfaltata, dietro ad un cespuglio, in posizione prona."

Ci è stato detto che il lunedì successivo, il 22 agosto, era stata eseguita l'autopsia sul corpo che non presentava segni di violenza se non un ematoma sul viso, dovuto secondo gli inquirenti alla posizione in cui era stato trovato, che risalirebbe a circa 7 ore prima del ritrovamento. Ci hanno anche detto che l'esito specifico dell'autopsia dovrebbe esserci comunicato entro alcuni mesi. Il riconoscimento era stato effettuato da due conoscenti italiani.

Nel certificato di morte redatto dal medico si parla di morte dovuta a cause naturali, probabile arresto cardiaco.

Abbiamo poi chiesto delucidazioni sul fatto che era stata eseguita la cremazione del corpo senza la nostra autorizzazione, ci hanno detto che la polizia non ne era responsabile.

Da quanto appreso dagli impiegati dell'ufficio delle pompe funebri l'ordine, con relativa firma, era stato dato direttamente dal proprietario delle pompe funebri stesse e da quanto abbiamo appreso da quest'ultimo dovrebbe essere anche un politico importante dell'isola. 
(N.B. il certificato di cremazione che hanno rilasciato indica come data di cremazione il 25 agosto, il giorno in cui ci siamo recati alle pompe funebri alle ore 08.00 di mattina)

Siamo quindi tornati in Italia con le ceneri di Andrea, senza avere certezze circa la causa della morte e senza la possibilità di eseguire ulteriori autopsie in Italia.

Abbiamo fatto denuncia alla Questura di Bergamo dell'accaduto, ma ad oggi non hanno ancora fatto niente.

Risulta sconcertante constatare che in casi così gravi lo Stato italiano è completamente assente.

Ci hanno negato il diritto di vedere per l'ultima volta nostro figlio.

Confidiamo vivamente nel VOSTRO AIUTO.




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Claudia e Antonello Leporini
Fonte: Planetinfo

USA, UCCIDE L'UOMO CHE STUPRA LA FIGLIA DI 5 ANNI. I GIUDICI: "NON VA INCRIMINATO" -VIDEO


Non verrà incriminato l'uomo che in una cittadina del Texas, che ha picchiato fino alla morte lo stupratore che stava abusando della sua figlia di cinque anni.  Lo ha annunciato il procuratore distrettuale della Lavaca County, riferendo la decisione adottata da un Grand Jury. I fatti risalgono alla settimana scorsa, quando durante una riunione per visionare dei cavalli nel ranch della sua famiglia, la bimba si è allontanata verso il granaio, per giocare con le galline. Poco dopo il padre ha udito le sue urla, ed è accorso, trovando l'uomo, un immigratomessicano di 47 anni, che stava abusando della piccola, e lo ha aggredito a pugni, colpendolo ripetutamente alla testa, fino a lasciarlo senza vita.

Poi ha chiamato il pronto intervento della polizia, e nella registrazione della chiamata, riferisce la Cnn, lo si può udire mentre piangendo dice: «Ho bisogno di un'ambulanza. Quest'uomo stava stuprando mia figlia, e l'ho picchiato. Non so... non so cosa fare». La sua famiglia ha poi anche tentato di rianimare l'aggressore, ma invano. «L'ammontare delle prove mostrate e le dichiarazioni dei testimoni e del padre, e ciò a cui il padre ha assistito, mostrano ciò che è successo quel giorno», ha detto il procuratore distrettuale, Heather McNimm, notando anche che egli ha tentato «di salvare la vita» dell'aggressore di sua figlia, «nonostante ciò che aveva appena visto». Dopo la decisione, la famiglia del padre, di cui non è stato reso noto il nome, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Solo il loro avvocato, V'Anne Huser, si è limitato ad affermare che, «secondo noi, oggi il caso è chiuso».
VIDEO

Fonte: Leggo

Orlandi, la Magliana era sulle tracce di Emanuela

La folla in Vaticano chiede giustizia per Emanuela Orlandi

Parla un amico della ragazza: quel 21 giugno '83 eravamo pedinati.




Un amico di Emanuela Orlandi ha riconosciuto, in una delle fotografie che gli sono state mostrate dagli inquirenti, l'uomo che li ha pedinati il 21 giugno 1983, il giorno prima della scomparsa della ragazza.
«Un uomo che apparteneva alla banda della Magliana». La testimonianza, inedita, è stata trasmessa a Chi l'ha visto? mercoledì 20 giugno.
«NON CI HA LASCIATO UN ATTIMO».«Avevamo deciso di andare a vedere un negozio di videogiochi appena aperto», ha raccontato. «Arrivati all'entrata del Vaticano, uscì Emanuela. Ci siamo salutati. Ci siamo accorti che c'erano due giovani che ci guardavano a distanza. Il loro sguardo era puntato su di noi. Ci siamo incamminati, io mi sono voltato e ho visto che ci seguivano, tanto che ho detto a Emanuela: 'mi sa che ti stanno venendo appresso».
«SPARITO NEL NULLA». A Piazza Risorgimento «uno dei due continuò a seguirci, mentre l'altro ci lasciò. Abbiamo percorso via Ottaviano, e poi siamo entrati nel negozio che era su Viale Giulio Cesare. Quando siamo usciti dal negozio me lo sono trovato davanti un'altra volta. Volevo chiedergli perché ci seguiva, ma non l'ho fatto. Ha continuato a seguirci per la strada del ritorno, fino all'ingresso del Vaticano. Ed è rimasto lì». 
Quando Emanuela è entrata, ha concluso «appena il tempo di girarci e lui era sparito».


Fonte:Lettera 43 on-line

Roberta Ragusa, Gello attende. ''Vogliamo la verità''



Cinque mesi di dubbi e incertezze alimentano la sete di verità di amici e parenti di Roberta Ragusa, il cui profilo dinamico relazionale è stato delineato attraverso una raccolta di testimonianze delle amiche e conoscenti più strette.
NEL DOSSIER. Lo scorso 12 giugno, lo psicologo Fabrizio Mignacca e la criminologa Immacolata Giuliani, hanno consegnato al pm Aldo Mantovani, per conto dell'associazione ''Per Roberta'', un dossier su Roberta Ragusa, il cui contenuto è stato realizzato grazie ad una raccolta di testimonianze delle amiche e conoscenti più stretti della donna scomparsa da Gello. Il dott. Mignacca e la dott.ssa Giuliani hanno potuto così, delineare un profilo dinamico relazione di Roberta. I consulenti, in un fascicolo a parte, hanno aggiunto alcune considerazioni personali e di natura tecnica relativamente alle dinamiche ricostruttive, sui possibili scenari della vicenda e su eventuali piste investigative. Il tutto grazie all'analisi delle testimonianze raccolta e alla dinamica degli elementi già noti agli inquirenti.
LA VERITA'. Dopo le varie piste seguite negli ultimi cinque mesi, dall'allontanamento volontario al suicidio fino a quella più realistica di omicidio, Gello attende e chiede la verità. Esattamente una settimana fa, il 13 giugno, in occasione dei cinque mesi dalla scomparsa, un centinaio di persone, tra amici, parenti e affezionati alla vicenda, hanno partecipato alla manifestazione organizzata da Cinzia Guidi, la stessa che lo scorso marzo fu promotrice della fiaccolata in occasione del 45esimo compleanno di Roberta Ragusa. La manifestazione, il cui corteo ha sfilato per le vie di Gello fino alla villetta in via Ulisse Dini dove abita ancora Antonio Logli con i due figli Alessia e Daniele, ha avuto come obiettivo quello di chiedere la verità sul caso. ''Non vogliamo che il silenzio cada sulla vicenda. Roberta deve ottenere giustizia, per chiesto vogliamo tenere alta l'attenzione'' commentò Cinzia Guidi alla vigilia del corteo. Ma la manifestazione è stata l'ennesima occasione per il gruppo di amici, parenti e conoscenti per chiedere la verità, in coro. Una verità che viene chiesta da tutti ogni giorno, silenziosamente ma non troppo, sul web e nella vita reale. Intanto, questa sera a Chi l'ha visto? su Rai 3, Federica Sciarelli tornerà a parlare di Roberta, cercando di approfondire la pista del cimitero.

Fonte:Il Reporter.it

INDIA CHOC: PADRE DECAPITA LA FIGLIA E SFILA IN STRADA CON LA SUA TESTA


Un padre indiano ha decapitato la figlia e sfilato intorno al villaggio con la sua testa tra le mani perché non era d'accordo con le sue scelte sentimentali.
Oghad Singh, un minatore di marmo, ha usato una spada per uccidere Manju, la figlia 20enne che si era sposata due anni fa con un matrimonio combinato ma era attualmente separata. E proprio quelle che per il padre erano "rapporti extraconiugali" che lo hanno portato al gesto estremo, così come confermato da Rahul Katkey, sovrintendente della polizia del distretto di Rajsamand, a 330 chilometri da Jaipur.
L'uomo, secondo quanto riportato dalle autorità, è uscito di casa domenica sera brandendo in una mano una sciabola insanguinata, nell'altra la testa mozzata della figlia. È stato poi l'intervento di un vicino a convincere Singh a consegnarsi alle autorità. 
La polizia ha raccolto la sua dichiarazione, in cui non ha mostrato alcun rimorso per l'omicidio della figlia, perché già si era lamentato più volte per i suoi atteggiamenti che erano un "insulto pubblico alla sua persona" e impedivano alla famiglia di trovare un marito per le sorelle più giovani. Manju, che frequentava molti uomini, era scappata di casa due settimane fa, ma era stata costretta a farvi ritorno.


Fonte: Leggo