martedì 9 ottobre 2012

"SUI TRENI DOTATI DI WI-FI ONDE MAGNETICHE OLTRE I LIMITI PER L'UOMO". ALLERTA CODACONS



Sui treni italiani dotati di wi-fi l'esposizione alle onde magnetiche ed elettromagnetiche «supera complessivamente i limiti fissati dalla legge, e rappresenta pertanto un potenziale pericolo per la salute dei passeggeri»: la denuncia arriva dal Codacons, che riferisce di avere effettuato delle rilevazioni all'interno delle carrozze di Trenitalia e di Ntv.
Il Codacons ha presentato un esposto alle Procure della Repubblica di Roma, Milano, Torino, Bologna e Firenze, ai Ministeri dell'Ambiente e della Salute e all'Arpa, chiedendo di disporre la disattivazione del wi-fi su tutti i treni nelle tratte in cui vengono superati complessivamente i limiti fissati dalla legge, e qualsiasi altro intervento per il rispetto delle soglie massime all'esposizione magnetica ed elettromagnetica.
L'associazione ha inviato la perizia anche a Trenitalia e Ntv, per consentire alle due società di presentare osservazioni. Proprio sulla questione del Wi-Fi sui treni Frecciarossa e Frecciargento verrà discusso il prossimo 11 ottobre un ricorso del Codacons al Tar del Lazio, attraverso il quale l'associazione chiede misure volte a tutelare i cittadini da possibili pericoli derivanti dall'esposizione alle onde elettromagnetiche.
Le misurazioni, spiega il Codacons, sono state eseguite sul treno 9655 Frecciarossa delle ore 19 in servizio tra Milano e Roma e sul treno Italo 9940 delle ore 13,55 in servizio tra Roma-Ostiense e Milano-P.Garibaldi. Sul primo le misurazioni avrebbero registrato un superamento del 60,4% dei limiti fissati per legge. Sul secondo i limiti invece sarebbero stati superati del 272%.
Il Codacons conclude che cioè è ancora più gravi se si considerano i limiti previsti dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC): «i valori sul treno Frecciarossa farebbero registrare un superamento dei limiti del 588%, mentre per il treno Italo si arriverebbe addirittura ad un +6800%».

Fonte:Leggo

EPIDEMIA DI MENINGITE, PAURA USA:13.000 CONTAGIATI. 4 ANCHE A LIVORNO




Almeno 13mila persone in 23 stati degli Stati Uniti sono a rischio di una rara forma di meningite fungina a causa di iniezioni con steroidi contaminati, hanno reso noto le autorità sanitarie federali, mentre otto persone sono già morte e altre 105 hanno contratto la malattia.
Secondo quanto hanno reso noto le autorità sanitarie federali, le infezioni e i decessi sono stati registrati in nove stati e sono riconducibili alle iniezioni di steroidi preparate da una azienda del Massachusetts, un laboratorio manifatturiero, che ha volontariamente sospeso ogni attività e ha richiamato i suoi prodotti.
Lo stato più colpito è il Tennessee, con 35 casi diagnosticati e quattro decessi.
Il farmaco ritenuto all'origine dei casi, lo steroide methylprednisolone, viene somministrato spesso agli anziani,  per la cura di dolori di schiena. Secondo le autorità sanitarie, alcuni dei pazienti che lo hanno utilizzato potrebbero dover aspettare ancora settimane per scoprire se sono stati infettati o meno.

4 CASI ANCHE A LIVORNO Sono in miglioramento le condizioni di 2 dei 4 marittimi contagiati dalla meningite a bordo dalla Msc Orchestra. Sono il filippino di 32 anni ed il brasiliano di 26 anni, ricoverati all'ospedale di Livorno. Restano gravi invece, ma stabili, le condizioni degli altri 2 ricoverati in rianimazione, il cuoco italiano di 47 anni e l'indonesiano di 32 anni che resta comunque il più grave.

Fonte:Leggo

UCCISE BAMBINO GETTANDOLO NEL TEVERE, RINVIO A GIUDIZIO PER IL PAPÁ COLPEVOLE



Rinvio a giudizio e processo con rito abbreviato per Patrizio Franceschelli che il 4 febbraio scorso dopo una lite con la compagna gettò nel Tevere il figlioletto di appena 16 mesi. Diversi mesi più tardi il corpo del bambino fu ritrovato alla foce del Tevere.
Omicidio volontario aggravato da futili motivi e dall'efferratezza, è questa l'imputazione che il gup Adele Rando ha contestato a Franceschelli giunto oggi in manette a Palazzo di Giustizia e oggetto di insulti e proteste da parte di un gruppo di amici della madre e dei congiunti del bambino.
Contro Franceschelli si è costituita parte civile Roma Capitale e stamane a Palazzo di Giustizia c'era anche il vicesindaco Sveva Belviso a ribadire la vicinanza delle autorità cittadine ai famigliari del bambino. Franceschelli è stato giudicato da una perizia medico-legale capace di intendere e di volere pur avendo dei comportamenti sociopatici.

Fonte:Leggo

VALENTINA, TROVATA IMPICCATA IN CASA A CATANIA. "FU OMICIDIO, NON SUICIDIO"



La diciannovenne Valentina Salamone trovata morta impiccata il 24 luglio del 2010, in una villetta alla periferia di Adrano, non si è suicidata ma sarebbe stata uccisa. È l'ipotesi avanzata, dopo indagini eseguite da carabinieri del nucleo investigativo di Catania e del Ros di Messina, dall'avvocato generale etneo, Carmelo Scalia, e dal sostituto procuratore generale Sabrina Gambino. 
I due magistrati, rivela il quotidiano La Sicilia, hanno presentato una richiesta al Gip Francesca Cercone per indagini suppletive, vista la scadenza dei termini, spiegando che «alla luce delle nuove acquisizioni può affermarsi che Valentina Salamone fu uccisa e chi pose in tale in essere tale delitto ebbe a simulare con notevole abilità il suicidio». 
Per questo sono stati chiesti al Giudice delle indagini preliminari «ulteriori approfondimenti» per confermare ulteriormente la tesi dell'omicidio e individuare gli eventuali colpevoli. L'avvocato dello Stato e la Procura generale di Catania avevano avocato l'inchiesta, come prassi, dopo l'opposizione posta dalla famiglia della vittima all'archiviazione chiesta al Gip dalla Procura della Repubblica che aveva chiuso il caso come suicidio.

Fonte:Leggo

Vaccinazioni sbagliate e fatte male dietro i tumori dei soldati italiani



Per anni s'è parlato di uranio come causa dei tumori che hanno colpito i militari italiani. Adesso, però, la Commissione d'inchiesta del Senato ha individuato un altro possibile motivo: le vaccinazioni fatte con tempi, modalità e controlli sbagliati.
di VITTORIA IACOVELLA - 6 ottobre 2012
La commissione uranio ha trovato una nuova probabile causa dell'elevato numero di neoplasie registrate tra i nostri militari. L'audizione di un giovane caporal maggiore gravemente malato davanti ai senatori commossi. L'esperto: "Non sono sbagliati i protocolli, ma le modalità, i tempi e i controlli sulle somministrazioni". Dati impressionanti, ma l'esercito non riconosce il nesso causale.
Roma. Il caporal maggiore Erasmo Savino ha 31 anni, ha un cancro in fase avanzata, ma il 3 ottobre scorso si è alzato dal letto e non ha fatto la chemioterapia. Occhiaie profonde e fasciatura al braccio. E' seduto davanti al computer, emozionato e teso, collegato in videoconferenza col Senato della Repubblica. Col suo accento campano racconta alla Commissione parlamentare d'inchiesta per l'uranio impoverito di aver lavorato per 13 anni come maggiore dell'esercito. Spiega che adesso lotta contro un tumore maligno e afferma di averlo sviluppato a causa di un mix di vaccini fatti in poco tempo seguiti dall'esposizione all'uranio impoverito in Kosovo.

Parla lentamente per non sbagliare nessun dettaglio, accompagnato da un foglio scritto. Poi, davanti alle domande dei senatori, si lascia andare a una testimonianza più personale e drammatica: "Forse sono arrivato alla fine della mia vita... Certo sono un soldato, continuo a combattere, ma sono stato abbandonato dallo Stato". L'aula è ammutolita alciuni senatori sono visibilmente commossi. L'avvocato di Savino, Giorgio Carta, descrive le motivazioni scientifiche che portano a ritenere che ci sia collegamento tra i vaccini cui è stato sottoposto il giovane e il cancro che l'ha colpito. Non è il solo, molti sono già scomparsi, altri giacciono in un letto. Tutti giovani. Centinaia almeno, ma non è possibile avere dati certi... Anche perché, per il Ministero della Difesa questi casi non esistono, non sono collegati al lavoro.

Attorno al tavolo della commissione volti tirati e occhi lucidi. Il Senatore Giacinto Russo afferra il cellulare, scrive un sms al figlio militare che si trova in Afghanistan chiedendogli se anche lui ha fatto tutti quei vaccini in poco tempo. Arriva la risposta, il Senatore si porta le mani al viso. La risposta è un "sì". La seduta continua in apnea, si parla di un Paese in cui si è costretti a scegliere tra salute e lavoro, qualcuno dice "come a Taranto". Questi ragazzi sono precari, negare il consenso ai vaccini significa smettere di lavorare. Il senatore Gian Piero Scanu non riesce a finire il suo intervento, gli manca la voce, si piega su se stesso commosso.

Insomma, la commissione sull'uranio, dopo anni di stasi, ora ha trovato una nuova importante traccia da battere e gli studi scientifici in merito sembrano parlare chiaro. Sarebbero i vaccini numerosi, ripetuti, spesso fatti senza rispettare i protocolli, a indebolire ragazzi sanissimi, a tal punto da aprire la porta a malattie molto gravi, specialmente nel momento in cui vengono esposti a materiali tossici o sostanze inquinanti che possono essere l'uranio impoverito ma anche la diossina, le esalazioni di una discarica o agenti chimici fuoriusciti da una fabbrica.

L'85 per cento dei militari ammalati non è mai stato all'estero. Il problema è che non serve arrivare in Kosovo: la stessa Italia con tutti i suoi veleni rappresenta un pericolo mortale per chi ha un sistema immunitario impazzito a causa dei vaccini. Come accadde a Francesco Rinaldelli, alpino di 26 anni mandato a Porto Marghera e poi morto di tumore. Qualche numero negli anni però è venuto fuori.

Nel 2007, il Ministro della Difesa Arturo Parisi, riferì alla Commissione: "I militari che hanno contratto malattie tumorali, che risultano essere stati impiegati all'estero nel periodo 1996-2006 sono 255. Quelli che si sono ammalati pur non avendo partecipato a missioni internazionali sono 1427".  Nel 2012 Il Colonnello Biselli, dell'Osservatorio epidemiologico della difesa, diede cifre raddoppiate: 698 malati che erano stati inviati all'estero e 3063 che avevano lavorato in Italia, 479 erano deceduti.

Lo Stato non riconosce quasi mai, però, a chi ha indossato la divisa, il riconoscimento né il risarcimento per le malattie contratte. Spesso viene negato che si tratti di cause di servizio. Così è in atto quasi una guerra fra vittime, tra chi vorrebbe essere risarcito per il danno da uranio impoverito e chi per quello causato da vaccini. "Al Ministero della Difesa conviene sostenere la causa dell'uranio impoverito perché questo è stato usato dall'esercito statunitense, non da quello italiano, quindi i nostri vertici non ne avrebbero colpa, mentre, ammettere che i danni derivano dalle modalità con cui vengono vaccinati i militari, significherebbe riconoscere una colpa interna, senza contare poi gli interessi milionari delle cause farmaceutiche" sostiene Santa Passaniti, madre di Francesco Finessi morto dopo essersi ammalato di linfoma di Hodgkin. Aveva ricevuto una dose tripla di Neotyf, un vaccino anti-tifo che poco dopo fu ritirato dal commercio. In molte schede dei militari ammalati si trovano vaccinazioni a brevissima distanza (anche nello stesso giorno) per la stessa malattia o somministrazione di preparati poi ritirati dal commercio. Non solo, secondo i parenti di vittime come Francesco Finessi, David Gomiero e Francesco Rinaldelli, i libretti vaccinali dei loro ragazzi, ottenuti dopo lunghe insistenze, riporterebbero anche visite mediche mai effettuate.

"Questo accade perché si cerca di far tutto velocemente  -  spiega Andrea Rinaldelli, padre di Francesco, morto nel 2008  -  ad esempio, se devono partire per una missione 600 militari, seguire i protocolli e fare lo screening di tutti sarebbe difficile. Magari in base a un'attenta analisi 100 finirebbero per non partire". Così in alcuni distretti, fortunatamente non in tutti, i militari vengono vaccinati in serie quasi senza nessun controllo,  senza andare troppo per il sottile: "Sono come prodotti di una catena di montaggio: stessa procedura per tutti e se qualcuno esce ammaccato, basta buttarlo via".

Il Ministero della Difesa sostiene da sempre di rispettare tutte le cautele necessarie, e che i ragazzi si sono ammalati per cause estranee al lavoro. Alle nostre domande, nessuno risponde, ci invitano a metterle per iscritto, ma ci fanno capire che ci vorranno mesi per avere una risposta. Un esame di coscienza però qualcuno se lo sarà fatto, se il protocollo vaccinazioni del 2003 era di appena tre pagine e quello del 2008 è arrivato a più di 200 e se alcuni documenti riservati trapelati, contengono la lista completa dei casi di militari ammalati dopo pratiche poco chiare di vaccinazioni.

"Il protocollo è scientificamente inattaccabile - sostiene il Prof di oncologia Franco Nobile considerato fra i massimi luminari della materia - il problema è che non viene rispettato. Per praticità e velocità si fanno vaccinazioni a tappeto uguali per tutti, senza controllare se qualcuno l'ha già fatta, se qualcun'altro non è in perfette condizioni di salute o ha ricevuto altre vaccinazioni pochi giorni prima. C'è superficialità, poca cura, non vengono considerate le conseguenze, spesso sono gli infermieri e non i medici a fare i vaccini".

I genitori di molte vittime, come Francesco Rinardelli,  dimostrano che i figli erano stati vaccinati senza anamnesi, come sempre accade, ovvero senza indagare correttamente sul loro stato di salute, senza sapere se erano già immuni ad alcune malattie o domandarsi se fosse realmente necessario un vaccino in più. Sui loro libretti vaccinali sarebbero segnate visite mediche mai effettuate.

L'avvocato Giorgio Carta difende molti militari colpiti da tumore per esposizione a uranio o vaccini e sostiene: "la ricerca della verità è resa difficile da numerosi fattori e dalla scarsa trasparenza, inoltre i medici sono ufficiali, quindi superiori gerarchici, che non impartiscono cure, ma ordini militari ai sottoposti". Rifiutarsi o fare troppe domande non è consentito. Si rischiano sanzioni disciplinari e addirittura il carcere, come nel caso del Maresciallo dell'aereonautica Luigi Sanna che ha chiesto di rinviare i vaccini a quando avrebbe avuto risposte a una serie di domande sulla loro sicurezza e necessità.


A chi indossa la divisa non resta che sperare di essere fortunati, trovarsi davanti a un medico attento a rispettare i protocolli oppure che il mix di fretta, vaccini e sostanze ambientali tossiche, armi e prodotti chimici non abbia le conseguenze temute. Una roulette russa in cui si vince un lavoro o si perde la vita.



Fonte: Inchieste Repubblica