martedì 17 luglio 2012

GIUSTIZIA PER SALVO CANNIZZO. EX MARO' MALATO DI CANCRO

SALVO CANNIZZO,EX MARO' MALATO DI TUMORE - SIAMO IN DUEMILA IN ITALIA,SCIOPERO PER TUTTI 


SALVO CI HA LASCIATI SENZA OTTENERE GIUSTIZIA, 

E' VERGOGNOSO DA PARTE DELLO STATO........CI 

UNIAMO AL DOLORE DELLA FAMIGLIA





Era nel battaglione San Marco, adesso ha un grave tumore al cervello. Gli restano pochi mesi di vita, ma ha deciso di non curarsi «per far emergere la situazione di noi ex militari vittime dell’uranio in Kosovo tra il 1999 e il 2001». In congedo dal 2011, oggi parla di quanto ha visto allora: carri dissolti dalle radiazioni e americani vestiti «da astronauti» per raccogliere delle munizioni. «Sono diventato militare per soldi. Ma lo rifarei, perché amavo il mio lavoro». Anche se, di guerre «non giuste» ne ha viste tante in 17 anni



«Nel 2000 a Djakovica, in Kosovo, ho visto un carro bombardato e con la carrozzeria dissolta. E degli americani, tempo dopo, che con una tuta da astronauta e un autorespiratore, portavano via delle munizioni. Ora so che era per le radiazioni dell’uranio impoverito, ma a quei tempi io e i miei compagni respiravamo quell’aria a pieni polmoni» Salvo Cannizzo36 anni, è un sergente in congedo da settembre 2011. Era nel battaglione San Marco, famoso tra i vari corpi della Marina militare italiana per la preparazione durissima, tanto da essere paragonato ai marines americani. «Ho un glioblastoma multiforme, un tumore al cervello di quarto grado. Ma ho deciso di non fare la chemio: voglio vedere se al ministero hanno il coraggio di lasciarmi morire, sono duemila i militari nella mia situazione in Italia. E presto moriremo tutti, vogliamo almeno un indennizzo» dichiara Salvo che, secondo i calcoli dei medici che lo hanno già operato più volte a Milano, ha solo tre mesi di vita. Era a capo di una squadra di nove elementi fino al settembre 2006, quando fu operato una prima volta e trasferito, da impiegato civile, al ministero della Difesa. Ora che non è più un militare, può parlare liberamente, e non ha dubbi: «L’uranio degli americani ha fatto ammalare di tumore me e quattro dei miei compagni di squadra, in Kosovo, dove sono stato quattro volte dal 1999 al 2001. Senza che nessuno ci dicesse del pericolo, che gli americani invece conoscevano».
Salvo ci incontra nella palestra di un amico: ha difficoltà a muoversi, e cammina su una sedia a rotelle ma «vengo qui per svagarmi, dentro questa palestra sono cresciuto. Ho ancora il record di 128 kili di panca». Sorride e, prima di iniziare a parlare, mi invita a toccargli la testa. «Purché non ti impressioni, senti? Non ho la calotta cranica, devo subire un intervento per mettere una protesi in titanio». Operato ad aprile di quest’anno, Salvo ha re-iniziato a poter parlare solo dopo due mesi di logopedia, e ha ancora difficoltà di lettura che, dice «dipendono dalla parte sinistra del cervello, quella che mi hanno in parte asportato». Viene da Borgo Librino, dal 2008 al 2010 è statoconsigliere di quartiere nella nona municipalità a Catania e, prima di diventare un marò, ovvero un soldato sceltissimo specializzato, era un ragazzo come tanti. «A diciotto anni, finita la scuola, ho iniziato a lavorare come restauratore. Cinquantamila lirea settimana. Ho resistito un anno e poi sono partito volontario nell’esercito».
Inizia così, nel 1995, la vita militare di Salvo Cannizzo. Diplomatosi al Cannizzaro, non riusciva a guadagnare abbastanza per rendersi indipendente. «La mia scelta è stata motivata solo da motivi economici ed è una cosa che non ho mai nascosto, nemmeno nei colloqui nell’esercito. Ma la mia sincerità, in qualche modo, è stata premiata: ho sempre avuto valutazioni eccellenti o sopra la media e, quando sono entrato nel battaglione San Marco, le cose sono cambiate. Basco, divisa militare e un rapporto strettissimo con i miei compagni, che ho sempre chiamato fratelli. Amavo il mio lavoro, sentivo lo spirito di corpo». Così Salvo inizia a guadagnare «già un milione e quattrocentomila lire nel 1997, quando ho deciso di sposarmi». Due figlie dal primo matrimonio, finito nel 2006 «quando è iniziata la mia malattia». S’è risposato in chiesa e considera la figlia della sua seconda moglie «come se fosse mia». Ma, in caso di morte, «la reversibilità della pensione andrebbe alla mia prima moglie», perché la lunga pratica del divorzio non è ancora conclusa. Una pensione che, al momento, è esattamente di «800 euro e 17 centesimi, una cifra che per uno abituato a guadagnarne 2800 al mese circa, più le missioni, è una cifra bassissima. Anche perché devo gli alimenti alla mia ex e ho un affitto da pagare» ci spiega. Quello economico è un problema di estrema urgenza per Salvo, che ha denunciato la sua situazione pubblicamente, ricevendo incoraggiamenti per sottoporsi comunque alla chemio e alle altre terapie dai suoi ex compagni. «Uno di loro è già morto, per un cancro al pancreas. Non so quale sia la casistica, magari un malato di tumore ogni mille abitanti, ma al ministero della Difesa, per riconoscerci la causa di servizio, hanno bisogno che cinque malati di tumore in una squadra di appena nove personedimostrino il rapporto causa effetto con almeno dieci anni di letteratura scientifica». Salvo, al momento, ha ricevuto anche «promesse di aiuto da parte di alcuni politici», anche se preferisce non fare nomi.
«Potrei vivere ancora tre anni se decidessi di sottopormi alla chemio. Ma, dall’ultima operazione che ho fatto ad aprile, quest’anno non sono più andato ad eseguire i controlli, non posso permettermi un viaggio a Milano dove sono in cura, ho finito i risparmi». E pensare che quando Salvo era un marò, un soldato scelto spesso mandato in missione «anche dai servizi segreti, per scortare ambasciatori e ministri anche se queste missioni non risultano nel mio stato di servizio», guadagnava molti soldi. «Non ho mai capito l’ammontare della paga per le missioni non ufficiali: arrivava un assegno, con su scritto “affari speciali” e la cifra. A volte duemila, altre volte ottomila euro». Per le missioni in Kosovo, invece, Salvo ha ricevuto «72 dollari al giorno. E ho ricevuto una medaglia, una croce di guerra, perché nel 2000 ho fatto un record, con tre missioni consecutive. Ma non me ne pento: dovevo comprarmi la casa».
«Purtroppo, un militare in carriera come ero io non poteva rifiutarsi di andare nelle missioni, anche se di cose ingiuste ne ho viste molte». Per Salvo l’esperienza del Kosovo è stata quella più traumatica. Racconta di «una guerra ingiusta, perché cacciavamo i legittimi abitanti per far spazio agli ultimi arrivati». Gli americani, spiega Salvo, pur di consumarle e rinnovare l’armamentario «buttavano centinaia di bombe, spesso senza inneschi per non fare vittime. Per loro è unbusiness e i nuovi armamenti in quel caso li pagava la Nato». E gli italiani? «Non siamo al loro livello, ma siamo i primi produttori di mine antiuomo. E ancora oggi non siamo a conoscenza di quanti militari italiani siano impiegati in giro per il mondo. Sapevi che al momento c’è un gruppo di sommozzatori in Somalia?». Adesso aspetta qualcosa, un segnale di attenzione. «Ci sono decine di class action contro l’uranio impoverito, ma sappiamo già che non ci pagheranno mai: aspettano che moriamo per non doverci riconoscere due milioni di euro di indennizzo». E, se non dovesse farcela, almeno avrà scelto «quando morire, visto che non posso più scegliere quando vivere»

SALVO CI HA LASCIATI SENZA OTTENERE GIUSTIZIA, 

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FONTE:CIZEN - CATANIA PUBBLICA.TV

SI MASTURBA DAVANTI ALLA FINESTRA DI UNA BIMBA DI 10 ANNI: ARRESTATO


Entrava di nascosto nel cortile di un condominio di Torino e si masturbava sotto la finestra della cameretta di una bambina di 10 anni. Dopo diversi episodi i genitori della piccola hanno avvertito la polizia che lo ha sorpreso in flagranza. Il 24enne è stato arrestato dagli agenti del commissariato San Donato per atti osceni in luogo pubblico in presenza di minore. Secondo il racconto dei genitori della bambina, il ragazzo entrava nel cortile e aspettava che la piccola uscisse a giocare o sul balcone per poi mostrare l'organo genitale e iniziare a toccarsi. Negli appartamenti del condominio vivono diverse famiglie con bambini che spesso giocano sulle altalene e i giochi nel cortile dove il giovane si appostava.


Fonte:Leggo

TORINO, ABUSA PER MESI DI UN'AMICA DODICENNE DELLA FIGLIA. "FIDANZIAMOCI"


Convinse un'amica di sua figlia, che aveva 12 anni, a 'fidanzarsi' con lui e abusò di lei per alcuni mesi. Con quest'accusa, sostenuta dal pm Alessandra Provazza, un negoziante di Torino, che oggi ha 36 anni, è stato condannato dal Tribunale del capoluogo piemontese a sei anni di reclusione per violenza sessuale aggravata e continuata. La vicenda risale al 2009 ed emerse dopo che un'amica della famiglia della bambina, insospettita per la frequenza con cui lei andava nel negozio, avvisò la madre.


Fonte:Leggo

Una petizione per il compleanno di Aldro: "Firmiamo per una legge contro la tortura"



Oggi Federico Aldrovandi, il 18enne di Ferrara, ucciso la notte del 25 settembre 2005 da quattro poliziotti, condannati in Cassazione per omicidio colposo per abuso dei mezzi di contenzione, avrebbe compiuto 25 anni, e sua madre Patrizia Moretti chiede un aiuto: “Vorrei onorare la sua memoria. Firmate la petizione per una legge contro la tortura”.
“Firma la petizione - è l’appello - la consegnerò direttamente nelle mani del ministro degli Interni non appena raggiungeremo le 100mila firme”.La madre di Federico ha infatti lanciato un appello on line con una lettera accorata: “I poliziotti che hannomassacrato di botte e ucciso mio figlio 18enne Federico Aldrovandi non andranno in carcere e sono ancora in servizio. Vi prego di unirvi a me per chiedere una legge forte contro la tortura che faccia pagare le forze dell’ordine per i reati commessi e prevenga omicidi come questo”.
Perché “c’è un solo modo per evitare ad altre madri quello che ho dovuto soffrire io: adottare in Italia una legge contro la tortura. Una legge forte che spazzi via l’impunità di Stato in Italia”. La madre di Federico infatti nel suo appello sottolinea: “La morte di mio figlio non è un’eccezione: diversi abusi e omicidi commessi dalle forze dell’ordine rimangono impuniti”.
 
Patrizia Moretti cita i casi della scuola Diaz al G8 di Genova, di Stefano Cucchi, di Giuseppe Uva e Aldo Bianzino. Alcuni parlamentari - ricorda - si sono uniti all’appello, ma “per portare a casa il risultato hanno bisogno di tutti noi”. E “prima che il Parlamento vada in ferie, vi chiedo di firmare la petizione”.“Federico - ricorda la madre nella lettera - era già ammanettato quando i poliziotti lo hanno picchiato così forte da spaccare due manganelli e da mettere fine alla sua giovane vita. Dopo anni di vero e proprio calvario, la Corte di Cassazione li ha condannati per eccesso colposo a tre anni e mezzo, ma i poliziotti dovranno scontare solo 6 mesi senza farsi neanche un giorno di carcere a causa dell’indulto e incredibilmente sono ancora in servizio”.
“La perdita di mio figlio - scrive la madre - mi ha quasi distrutto, ma sono determinata a cambiare il sistema. Nessuno potrà restituirmi mio figlio, e oggi non potrò festeggiare il suo 25esimo compleanno con lui”. Ma “vorrei aiutare a prevenire la sofferenza che ho dovuto provare io per la perdita di un figlio” e “vorrei onorare la sua memoria con il vostro aiuto”.
 
“Per favore - conclude la lettera - unitevi a me e insieme costruiamo un appello assordante per una legge forte per fermare la tortura e per far espellere gli agenti responsabili di questi crimini odiosi dalle nostre forze dell’ordine. Firma la petizione e dillo a tutti i tuoi amici”. La petizione è all’indirizzo: http://www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/?bYiwgcb&v=16106

Facebook dentro le chat, contro il crimine


Una vasta operazione di monitoraggio delle conversazioni, messa in piedi da Facebook e altre piattaforme social per segnalare agli ufficiali di polizia le più disparate attività criminose. L'esclusiva ha fatto rapidamente il giro del web specializzato, a partire da un'inchiesta pubblicata dall'agenzia di stampa Reuters.

I tecnici del social network di Menlo Park avrebbero implementato uno specifico strumento software per il monitoraggio della chat interna, a caccia di un gruppo di parole chiave sospette. Il programma di sorveglianza è emerso dopo l'arresto di un cittadino statunitense che aveva programmato un appuntamento con una ragazza di appena 13 anni.

I predatori sessuali risultano infatti tra le vittime preferite dal vasto sistema di sorveglianza implementato da Facebook e altre reti sociali. Il tool procede con l'analisi del linguaggio tra i messaggi in tempo reale del sito in blu, andando ad esempio a scovare la differenza d'età tra i protagonisti della conversazione.


In caso di comunicazioni sospette, il programma procede con l'immediata segnalazione dei vari profili ai responsabili di Facebook, che possono poi contattare la polizia per denunciare il caso. Non è dato sapere se il sistema preveda l'archiviazione degli stralci di chat all'interno dei server, una problematica che farebbe insorgere gli attivisti della privacy.

Da parte degli stessi vertici del sito pare non vi sia nessuna intenzione di spiare in massa le attività degli utenti. Solo utilizzare una tecnologia capace di prevenire crimini come ad esempio l'abuso sessuale sui minori. Facebook è in grado di consegnare alle autorità le informazioni personali degli utenti, in presenza di una specifica richiesta - subpoena - da parte di un giudice.

Qui si tratta però di una consegna automatica in base all'analisi delle parole chiave all'interno di una conversazione in chat. Facebook ha sottolineato come la condivisione dei dati con la polizia si basi su "sospetti effettivi". Ovvero per prevenire un crimine arrestando un predatore sessuale prima che incontri la sua vittima. Resta da chiarire se, nonostante le buone intenzioni, la faccenda non superi una certa linea: non è che Facebook ha inventato la pre-crimine?


Fonte:Puntoinformativo