mercoledì 6 giugno 2012

NON PUÒ LAVORARE PERCHÉ INFORTUNATO:49ENNE SI IMPICCA PER LA CRISI



Per Umberto Pilat, 49 anni, il camion era tutto, ma da più di un mese non poteva lavorare per un infortunio al ginocchio, conseguenza di una caduta in mountain bike. L'assenza dal lavoro  stava compromettendo la sua attività di trasporto per conto terzi e aveva già fatto saltare diverse commesse, come riporta il Gazzettino nella sua versione on-line. I dolori persistenti e i relativi problemi con il lavoro avrebbero giocato un ruolo determinante nella decisione dell’uomo, residente con la famiglia a Tarzo (Treviso), di farla finita, impiccandosi. E se da una parte non si intravvede all’orizzonte un solo altro motivo che possa giustificare il gesto estremo, dall’altra la conferma indiretta che la chiave della tragedia risiede in quel ginocchio malandato viene da un amico di Pilat.


LA CONFIDENZA ALL'AMICO  Un'ora prima di uccidersi, Umberto gli aveva confidato l’esito dell’ultima risonanza magnetica al menisco: altri 20 giorni di stop. Drammatico, per uno con il morale già a terra. A trovare il cadavere, alle 18.30 di lunedì nell'abitazione in località Talponè a Nogarolo di Tarzo, è stata la figlia minorenne: l’artigiano si era appeso con una corda a una trave del vano scale. Una scoperta macabra, traumatizzante per la ragazzina di 15 anni che, disperata, ha dato l'allarme.

LE DIFFICOLTÀ Eppure Umberto Pilat non era il classico piccolo imprenditore alle prese con difficoltà economiche insormontabili. Non era sommerso dai debiti, non era finito nel mirino del fisco, non pare vi fosse un retroterra di committenti che non avevano corrisposto il denaro trascinandolo sul lastrico. Quantomeno, sono queste le indicazioni raccolte dai carabinieri chiamati lunedì pomeriggio dalla moglie Katina William. Nonostante Umberto non lavorasse da qualche settimana, su tutta la famiglia aleggiava un’apparenza di assoluta normalità. Lui era casa, famiglia e mountain bike, la sua grande passione.

COMUNITÀ SCONVOLTA Parenti, amici, conoscenti, la comunità stessa, per non parlare della società ciclistica Asd La Vallata, sono rimasti tutti sconvolti da questa tragica fine. Giunta senza una riga di spiegazione. I carabinieri non hanno trovato nulla che potesse giustificare la decisione di farla finita. Allora restano in piedi soprattutto le ipotesi, costruite sui sottili fili della logica: quel camion fermo nel parcheggio, il maledetto dolore al ginocchio che dopo più di un mese ancora non gli dava tregua, le commesse che iniziano a saltare, lo scoramento, lo sforzo di mascherare per giorni e giorni la mancanza di serenità, i turbamenti interiori, la risonanza magnetica sfociata in una indomabile crisi depressiva. E la tragica fine.

Fonte: Leggo

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