giovedì 24 maggio 2012

"LA MAFIA CHIESE DUE MILIONI ALLO STATO PER FAR ARRESTARE PROVENZANO" -VIDEO



Tre incontri per trattare una resa. E oltre due milioni di euro per costituirsi. Queste le richieste che Bernardo Provenzano, tramite un «messaggero», avrebbe fatto arrivare alla Direzione nazionale antimafia. A raccontare per primo questa storia era stato il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, durante un'audizione al Consiglio superiore della magistratura.
E a confermarlo - in una lunga intervista in onda questa sera a Servizio Pubblico - è proprio il «messaggero», cioè l'uomo che intavolò, tra il 2003 e il 2005, per conto del capo dei capi, la trattativa per la sua resa dopo quarant'anni di latitanza. Nel corso della trasmissione verrà intervistato anche l'ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino, già inquisito per mafia, che per conto dei servizi segreti avrebbe aperto un canale con il boss latitante utilizzando nelle lettere scambiate con il boss il soprannome di Svetonio.
Il ruolo border line svolto da Vaccarino anche nei confronti di Provenzano è ricostruito nel libro «Il cuore nero dei servizi», scritto dal giornalista Piero Messina, in uscita a Giugno per Bur. «A febbraio del 2006 - scrive Messina - Vaccarino comunica alla direzione del Sisde di potere tentare un avvicinamento con la famiglia Provenzano. Incontrerà Carmelo Gariffo, il nipote del boss corleonese, il volto imprenditoriale della famiglia. Che Gariffo, figlio di Maria Provenzano, la sorella del capomafia, sia un affiliato a Cosa Nostra è un fatto noto: i suoi problemi con la giustizia risalgono al 1984. Se nelle corrispondenze rinvenute nel covo di Provenzano, il professore di Castelvetrano è citato come Vac, Carmelo Gariffo è il numero 123 dell'organizzazione»
. «A Gariffo - prosegue l'autore - la famiglia ha affidato la tutela del boss. Lo dimostreranno i magistrati, dalla lettura incrociata di tre delle lettere trovate nel covo. L'uomo, secondo degli inquirenti, proprio in quei giorni a ridosso della cattura, avrebbe dovuto curare il trasferimento dello zio in un altro nascondiglio. Perchè non l'ha fatto? Non ne ha avuto il tempo o forse quel ritardo nel trasferimento di Provenzano è collegato all'incontro di qualche settimana prima con Vaccarino? Non si saprà mai».
Però Vaccarino ricorda bene il tenore di quel colloquio, come ricostruisce Messina nel suo libro: «Con Gariffo abbiamo parlato per molti minuti. Era netta la sensazione che catturare Provenzano fosse possibile. Gariffo, inoltre, spiegava, senza tentennamenti, la sua condanna del fenomeno mafioso ormai indissolubilmente legato alla stagione delle stragi. Era ancor più chiaro che il peso della latitanza di un boss di quel calibro».
Di sicuro, Vaccarino acquisisce un dato importante: se Gariffo ha parlato, vuol dire che conosce i movimenti di Provenzano e il suo rifugio. «La notizia - annota l'autore - viene riportata alla direzione del Sisde che la trasmette ai magistrati e Vaccarino sarà interrogato, prima della cattura di Provenzano, nella sede della Dia di Trapani».

Fonte: Leggo

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