mercoledì 23 maggio 2012

Viaggio al centro della Disabilità



Persone con disabilità in fermento, persone con disabilità in movimento. In questi giorni infatti sono in itinere due iniziative che vedono due uomini in sedia a rotelle affrontare lunghi viaggi in Italia e in Europa per sensibilizzare sul tema della disabilità. Forme diverse, quelle di chi scende in piazza e quelle di chi viaggia, un unico intento: rendersi visibili, spiegarsi e spiegare al mondo che ci circonda chi siamo, cosa vogliamo e quali sono i nostri diritti. Ma queste avventure itineranti hanno realmente un senso?

Prima di entrare nel merito della riflessione, è meglio fornire qualche dettaglio in più sui due progetti. Il primo ha per protagonista Pietro Rosenwirth, triestino con disabilità motoria fondatore dell’Associazione Viaggiare per un Sogno: oltre le barriere, che in sella alla sua moto, per i prossimi due mesi, attraverserà l’Europa. E’ la terza volta che Rosenwirth, 43enne, sale in sella a Handybike, il triciclo adattato alle sue esigenze, per lanciarsi sulle strade europee. Quest’anno partirà il primo giugno alle 10 dal colle di San Giusto a Trieste alla volta di Genova. Proseguirà, poi, per Montecarlo, Marsiglia, Barcellona, Valencia, Madrid, Saragozza, Tolosa, Bordeaux, Poitiers, Parigi, Bruxelles, Rotterdam, Amsterdam, Amburgo, Berlino, Praga, Salisburgo, Tarvisio, Lubiana prima di rientrare a Trieste il 20 luglio. Ogni tappa sarà l’occasione per incontri e momenti formativi su tematiche sociali, sulle pari opportunità e sulla Convenzione Onu sulla disabilità.

L’altra iniziativa è portata avanti da Fabrizio Marta, in arte Rotex che in questi giorni sta percorrendo l’Italia, regione dopo regione, per raccontare «le storie di chi nonostante la “diversità” vive nella “normalità”». Lo scopo è quello di avvicinare e stimolare al viaggio chi ha problemi di mobilità e di porre le basi per l’abbattimento delle barriere architettoniche e culturali.

Ci vuole coraggio, e un pizzico di incoscienza, per fare tanti chilometri. Il medium è messaggio, diceva Marshall McLuhan, uno dei più grandi esperti mondiali della comunicazione. E in questo caso, Rosenwirth e Marta si trasformano nel medium, nel mezzo, per comunicare qualcosa. Prestano volontariamente la loro figura per raccontare la disabilità e i suoi problemi. Fanno sul territorio quello che Claudio, Franco ed io stiamo facendo su inVisibili prestando le nostre penne alle storie, alle persone e ai sentimenti. Ha senso tutto ciò? Direi di sì a patto che non si resti nella stretta cerchia del mondo della disabilità. A patto che la comunicazione sia indirizzata su un doppio binario: verso chi è disabile mostrando come si possono abbattere le barriere spesso erette dal timore di fare qualcosa, e verso il mondo dei non disabili per avvicinarli all’universo della diversità.

Non è semplice rompere la barriera che separa i due mondi. Anche perché, un po’ di sana autocritica di categoria ogni tanto va fatta, troppo spesso le persone con disabilità si autorinchiudono in stretti ambiti costituiti da chi condivide gli stessi problemi. Troppo spesso si accusa il mondo esterno di essere insensibile al problema della disabilità, ma al contempo non ci si apre… non ci si mostra per quello che realmente si è. E qui l’autocritica si ferma per non dare una scusa a chi il passo verso la disabilità non lo sta facendo. E sono proprio queste le persone che invece si vogliono coinvolgere: quelli che hanno avvertito la disabilità solo per sentito dire, e che ne hanno paura come si trema di fronte alle cose sconosciute. Sono proprio queste le persone che invito a seguire, Piero, Fabrizio e i giovani delle Paralimpiadi  che si svolgeranno a fine agosto. Per scoprire questi atleti con una marcia in più capaci di saltare, driblare (come il piccolo Francesco Messori), annullare le proprie difficoltà.

Ma forse mi sbaglio e tutto questo ha senso per pochi. A voi la parola dunque. Io resto in ascolto

Fonte: IN-VISIBILI


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